Negli ultimi anni, l’attenzione alla compliance fiscale si è notevolmente accresciuta in Italia, anche grazie all’evoluzione normativa e all’implementazione di strumenti di cooperazione tra contribuenti e Amministrazione finanziaria (si pensi, ad esempio, al regime di “cooperative compliance” introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015 per i grandi contribuenti). Pur non esistendo un obbligo espresso per le Piccole e Medie Imprese di dotarsi di un Tax Control Framework (TCF), l’adozione volontaria di un TCF si rivela sempre più strategica e vantaggiosa.
Di seguito, in veste di commercialista, offro una panoramica sulle principali caratteristiche di questo strumento, sugli aspetti di legge da considerare e sui benefici che un Tax Control Framework può apportare alle PMI.
- Definizione e inquadramento normativo
1.1 Cos’è il Tax Control Framework
Il Tax Control Framework è un insieme strutturato di procedure, processi e controlli interni volti a:
- Individuare, valutare e gestire i rischi fiscali.
- Garantire la corretta e tempestiva esecuzione di tutti gli adempimenti fiscali (dichiarativi, di versamento, documentali ecc.).
- Assicurare la tracciabilità e la trasparenza delle operazioni societarie.
Questo sistema può essere modulato a seconda della complessità dell’impresa, della tipologia di attività svolte e dei rischi tipici del settore in cui l’azienda opera.
1.2 Riferimenti legislativi e prassi
- D.Lgs. n. 128/2015: ha introdotto in Italia il regime di “cooperative compliance”, rivolto principalmente ai soggetti con determinati requisiti di fatturato o che aderiscano a specifici accordi (es. ruling internazionali). Anche se rivolto alle grandi imprese, i principi ispiratori (trasparenza, cooperazione rafforzata, adeguato sistema di controllo del rischio fiscale) possono essere presi a riferimento dalle PMI in un’ottica di best practice.
- Normativa sul Modello Organizzativo 231: sebbene non strettamente legato alla compliance fiscale, il D.Lgs. 231/2001 spinge le imprese ad adottare sistemi di controllo interno per prevenire reati, alcuni dei quali possono avere implicazioni in ambito fiscale. Alcuni principi di governance interna e di risk management ivi previsti sono utili anche nella progettazione del TCF.
Non esiste dunque un obbligo di legge diretto per le PMI di adottare un Tax Control Framework, ma il legislatore italiano e l’Amministrazione finanziaria guardano con favore alla diffusione di pratiche di compliance volontaria, in quanto migliorano la qualità dei rapporti tra contribuente e Fisco.
- Vantaggi per le PMI
- Riduzione del rischio sanzionatorio
L’adozione di procedure interne di controllo e verifiche periodiche riduce sensibilmente la probabilità di commettere errori o omissioni e, di conseguenza, limita l’esposizione a sanzioni amministrative e pecuniarie. - Maggiore efficienza interna
Organizzare i processi fiscali in modo strutturato, con ruoli ben definiti e flussi documentali chiari, comporta risparmi di tempo e risorse. Automatizzare alcune attività (es. incrocio dati tra fatturazione elettronica e contabilità) diminuisce errori e ridondanze. - Miglioramento della reputazione e dell’accesso al credito
Banche, investitori e partner commerciali valutano positivamente le imprese che dimostrano di avere un solido sistema di gestione del rischio fiscale. Ciò può tradursi in un miglioramento del merito creditizio e in un più agevole accesso ai finanziamenti. - Più stabilità nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria
Pur non essendo formalmente nel regime di cooperative compliance, un TCF ben documentato può facilitare le interlocuzioni con il Fisco, rendendo più trasparenti i processi e favorendo un approccio collaborativo, eventualmente con riduzione dei controlli “invasivi”. - Prontezza nell’adeguarsi alle modifiche normative
Le frequenti modifiche fiscali richiedono un aggiornamento costante. Un TCF ben strutturato, con procedure di monitoraggio e formazione, consente all’azienda di adeguarsi più tempestivamente.
- Principi fondamentali di un Tax Control Framework volontario
3.1 Chiarezza di ruoli e responsabilità
È essenziale stabilire in modo formale:
- Chi gestisce l’area fiscale (titolare, direttore amministrativo, CFO, consulenti esterni).
- Chi effettua i controlli (interni o esterni) e con quale periodicità.
- Come eventuali discrepanze o problematiche emergono e vengono gestite (flusso di segnalazioni).
3.2 Mappatura dei processi e dei rischi fiscali
- Identificare i processi chiave (fatturazione attiva/passiva, contabilità, gestione del personale, operazioni intracomunitarie, ecc.).
- Valutare i rischi in ciascuna fase (errori in aliquote IVA, classificazione errata di costi/ricavi, omessa dichiarazione, ritardo nei versamenti).
- Assegnare un livello di probabilità e impatto economico a ogni rischio, per poi definire le priorità di intervento.
3.3 Implementazione dei controlli
- Controlli ex ante: checklist per la corretta compilazione delle fatture, procedure di autorizzazione per spese e note spese, controlli di conformità prima dell’emissione dei documenti fiscali.
- Controlli in itinere: monitoraggio periodico di indicatori (ad esempio, scostamenti delle imposte dovute rispetto al budget, analisi incrociate tra vendite e magazzino).
- Controlli ex post: riconciliazioni, audit interno o affidato a consulenti esterni (commercialista, revisore) per verificare la congruenza dei dati in dichiarazione.
3.4 Formazione e consapevolezza
Il personale coinvolto (non solo quello dell’area contabile, ma anche chi gestisce acquisti, vendite e magazzino) deve comprendere l’importanza di seguire le procedure fiscali e di segnalare eventuali anomalie. Una formazione puntuale, aggiornata alle novità normative, è fondamentale per evitare errori ed equivoci.
3.5 Documentazione e tracciabilità
Ogni fase del processo fiscale dovrebbe essere documentata (procedure operative, manuali interni, registri di controllo), in modo da garantire:
- Facilità di aggiornamento, se cambiano normative o procedure.
- Possibilità di fornire evidenze in caso di verifiche o richieste di chiarimenti da parte delle autorità.
- Tracciabilità delle operazioni, in modo che sia sempre chiaro chi ha fatto cosa, quando e con quali risultati.
3.6 Monitoraggio costante e miglioramento continuo
Un TCF non è statico: dopo la fase di implementazione, occorre effettuare verifiche periodiche per misurare l’efficacia dei controlli e aggiornarli in base a:
- Cambiamenti legislativi.
- Mutamenti nell’organizzazione aziendale (nuove linee di business, espansione all’estero, ristrutturazioni societarie).
- Rilievi emersi in sede di auditing o di controlli interni/esterni.
- Aspetti operativi: come iniziare in modo graduale
- Analisi preliminare
– Fare un’analisi dei principali processi fiscali;
– Valutare le competenze e le risorse interne già disponibili;
– Coinvolgere un consulente specializzato se necessario. - Analisi delle priorità
– Identificare le aree a maggior rischio (ad esempio: iva su operazioni estere, ritenute d’acconto, ecc.);
– Stabilire un piano di azione graduale, concentrandosi prima sulle aree più critiche. - Formalizzazione delle procedure
– Creare documenti interni (ad es. procedure operative, schede di responsabilità) e condividerli con il personale coinvolto;
– Definire tempistiche, scadenze e modalità di controllo. - Implementazione dei sistemi informatici
– Verificare se i software gestionali (contabilità, fatturazione, CRM) sono sufficientemente integrati;
– Valutare eventuali upgrade o nuove soluzioni per automatizzare i flussi di dati e facilitare i controlli. - Formazione continua
– Organizzare sessioni di training periodico;
– Aggiornare il personale in base alle modifiche normative (nuove aliquote, nuove comunicazioni telematiche, ecc.). - Monitoraggio e revisione
– Fissare degli appuntamenti periodici (ad esempio, trimestrali) per verificare lo stato dell’arte;
– Coinvolgere un revisore esterno o il proprio commercialista per una valutazione imparziale;
– Aggiustare i processi laddove emergano punti deboli.
- Conclusioni
Sebbene il Tax Control Framework non sia un adempimento obbligatorio per le PMI, la sua adozione volontaria rappresenta una scelta di governance lungimirante. In un contesto in cui la digitalizzazione del Fisco e la complessità normativa aumentano, disporre di un sistema strutturato di controlli e procedure fiscali può generare:
- Riduzione del rischio (sanzioni, contestazioni, accertamenti);
- Efficienza operativa e diminuzione dei costi legati alla gestione manuale e non coordinata;
- Migliore rapporto con gli stakeholder (banche, investitori, clienti, fornitori e Amministrazione finanziaria).
In prospettiva, il legislatore e l’Amministrazione finanziaria italiana potrebbero ampliare i regimi premiali o di cooperative compliance anche a soggetti di dimensioni minori. Adottare per tempo un TCF volontario consentirà alle PMI di trovarsi pronte ad aderire a eventuali futuri regimi agevolativi e di beneficiare di una maggiore tranquillità e sicurezza nella gestione fiscale.
Francesco Lucà