Da anni assistiamo all’impegno delle PMI italiane nella corsa alla Digital Transformation. Dove si posiziona l’Italia rispetto agli altri Paesi europei? La penisola è in netto ritardo, se paragonata al resto dell’Europa. Fino al diffondersi del Covid-19.
Partiamo da una breve panoramica, basata sull’indagine condotta dal CENSIS – Centro Studi Investimenti Sociali, cioè l’istituto di ricerca socio-economica italiano. Le realtà imprenditoriali che hanno deciso di investire nella Digital Transformation nell’ultimo decennio sono aumentate parecchio. Eppure il DESI, cioè il Digital Economy and Society Index pone l’Italia al 25°posto in Europa. Il risultato deriva dall’analisi di cinque fattori: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali.
La Digitalizzazione ai tempi del Covid-19
A causa dell’Emergenza coronavirus, è scattata la corsa alla Digitalizzazione dei processi. L’iter di Trasformazione Digitale ha subito un’improvvisa accelerazione. Dalle micro imprese alle grandi aziende, passando per gli studi professionali di qualsiasi dimensione, tutti sono coinvolti nella ricerca di un nuovo modo di lavorare. Dal ricorso alle forme di Smart Working al boom nell’utilizzo di software per le Video-Conferenze, tutte le attività lavorative stanno facendo i conti con le nuove modalità.
Alcune realtà professionali si erano già aperte al mondo del digital. Questa apertura verso l’innovazione ha coinvolto (e lo farà sempre più) anche gli studi di commercialisti e avvocati. Tra il 2018 e il 2019 si registra un considerevole aumento degli investimenti nell’ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione ) da parte di avvocati, consulenti del lavoro e commercialisti: +7,9%, per un totale di 1.265 milioni di euro. (Fonte: Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale – School of Management del Politecnico di Milano).
In tutto ciò si registra una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti riguardo all’utilità di tali strumenti e della maggiore redditività che deriva dal loro utilizzo.
Le tecnologie digitali negli studi commercialisti
Ma cosa vuol dire fare innovazione in uno studio commercialista? Sì, perché oltre all’aspetto teorico, al rispetto di determinate regolamentazioni, all’impegno nell’elaborazione di meccanismi che rispondano alle esigenze del cliente, c’è anche un approccio pratico, all’insegna del quale la figura del consulente opera e opererà. Parliamo di applicazioni.
Quali sono le applicazioni pratiche delle nuove tecnologie digitali? L’attività lavorativa funzionerà mediante l’utilizzo di software. Ne riportiamo alcuni esempi:
- Gli spazi cloud (+46%), con cui si intende uno spazio di archiviazione personale, accessibile dall’utente da remoto, in cui immagazzinare un’enorme quantità di dati e informazioni;
- Gli strumenti di monitoraggio e analisi dati, grazie alla quale orientare le strategie aziendali ai bisogni e alle preferenze del cliente;
- I sistemi di intelligenza artificiale, applicabili a svariati task, per la gestione di grandi quantità di documenti contrattuali contemporaneamente, per la comprensione e l’interpretazione del linguaggio umano, e così via.
Nell’ambito degli studi commercialisti, meritano una considerazione specifica i cd. RPA, cioè i Robotic Process Automation. Di che si tratta? In pratica, ha ad oggetto le tecnologie, i prodotti e i processi coinvolti nell’automazione dei processi lavorativi. Essa si rivela utilissima al momento di occuparsi degli adempimenti fiscali periodici (es: liquidazioni IVA). Grazie all’automazione, i task diventano più veloci. L’applicazione della RPA riguarda tutte quelle mansioni di carattere ripetitivo che seguono modalità standardizzate.
Le applicazioni-chiave
Tra le applicazioni più gettonate, spiccano la Firma Digital (utilizzata dal 97% degli studi professionali), la Fatturazione Elettronica (42%) gli strumenti di condivisione documenti e gli archivi digitali, che permettono di gestire il flusso di lavoro tra i colleghi in modo integrato, efficace ed organizzato. A ciò è correlata anche la conservazione digitale (38%) dei documenti stessi (previsto dall’art.44 del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale), il cui sistema mira a preservare l’autenticità, l’integrità, l’affidabilità, la leggibilità e la reperibilità dei documenti informatici.
Una nuova era per gli studi professionali?
L’intento di smaterializzazione dei processi e dei documenti è evidente anche da parte del legislatore e degli enti pubblici, che già da anni si muovono per rendere possibile la fruizione dei servizi per via telematica. Un esempio è dato dall’introduzione della fatturazione elettronica o dalla possibilità di compilare direttamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate il proprio Modello.
Mentre prima l’adozione dei processi di Digital Transformation era a discrezione del singolo professionista/imprenditore, oggi – a causa del Covid-19, tutte le categorie sono chiamate a ricercare sistemi idonei per continuare a svolgere la propria attività in modo efficiente. Ne va del rapporto col cliente e, in una prospettiva a lungo termine, ne beneficerà anche il lavoro stesso del consulente, che nella tecnologie e nell’innovazione può trovare validi alleati. Siamo pronti a questo “cambio di mentalità”?